Walter Rodinò anticipa così la prossima uscita di “Ideologie, idee, ideali”
Roma, 12 feb. (askanews) – Cosa vogliono gli Italiani? Pretendono una guida, sic et simpliciter. Le conferme provengono dalla nostra vita quotidiana e dalla storia politica italiana dal dopoguerra in poi. Comunisti, democristiani, socialisti, populisti, persino i Radicali, i più presuntamente liberali di tutti, si sono riconosciuti in un individuo integerrimo in cui riversare le proprie aspettative e le proprie speranze.
Walter Rodinò, Laureato in giurisprudenza, da sempre nel mondo della Comunicazione con Ri-Comunicare, scrive per un pubblico trasversale, offrendo spunti di riflessione dal politico al sociale, della nostra società. Con questo articolo, prepara il lettore alla prossima uscita del libro molto atteso “Ideologie, idee, ideali” dopo il successo del primo “Linguaggi, lingue, linguacce” .
Rispettata la trilogia nel titolo, i lettori attendono. Sarà un testo sorprendente, sia per l’analisi ma soprattutto per la posizione presa dall’autore su tematiche come il premierato
‘Alcide De Gasperi, il ministro di grazia e giustizia Palmiro Togliatti, Giuseppe Saragat, Pietro Nenni. Si tratta di riconoscibili personalità storiche che consistevano in nord magnetici infallibili per le bussole dei futuri elettori dell’Italia liberata – spiega Rodinò -. Un comunista sapeva che in Palmiro Togliatti avrebbe trovato i propri ideali di giustizia sociale, un democristiano sapeva che in Alcide De Gasperi avrebbe trovato i valori cristiani della famiglia e l’ordine. La loro personalità si era forgiata durante la guerra e in ossequio alle ultime ideologie ottocentesche; tanto forte che, ancora oggi, essi sono visti come creature leggendarie, autentici leader, esempi di un’epoca segretamente rimpianta. Tutti i più importanti uomini del novecento sono connessi ad eventi drammatici e alle grandi ideologie. Churchill, Roosevelt, Gramsci che muore in carcere, Pertini che subisce l’arresto e organizza l’antifascismo militare. Anche Che Guevara e Fidel Castro, che appaiono sulle T-shirt dei militanti di sinistra, spesso pacifisti, sono legati alla guerra. Anche l’inno di Mameli, siamo fuori contesto, fu scritto da Goffredo Mameli, morto a ventuno anni in battaglia agli ordini di Garibaldi’.
A mano a mano che ci si allontana dalla guerra e dalle grandi ideologie, i leader per l’autore diventano più ordinari, privi di quel carisma che li metteva in contatto elettrico con i propri elettori. E la stessa Giorgia Meloni ‘è emersa in tutta la sua forza dopo la pandemia, evento drammatico che, per ragioni che non starò qui ad elencare, ha avuto molte analogie con la guerra. Sacrosanta l’esaltazione della democrazia, ma la democrazia, senza una guida forte, che incanali allo stesso tempo una rappresentanza politica e morale, tende a ripiegare su sé stessa in un esercizio sterile e burocratico che tende, paradossalmente, ad allontanare i cittadini dal godimento della stessa’.
L’intera storia della politica italiana dai primi anni ’80 al 2019 fu caratterizzata dalla ricerca spasmodica, quasi sempre inconscia, di una vera personalità in cui confidare ovvero porre, riporre, con fiducia, le proprie speranze di miglioramento: ‘Se si interroga un boomer italiano su quando si è sentito maggiormente orgoglioso di essere italiano a livello politico e internazionale, probabilmente si sentirà rispondere ‘a Sigonella’. Che fino al 1985 era una sconosciuta base aeronautica italiana tra Siracusa e Catania. Al di là dei giudizi complessivi su Bettino Craxi, è opportuno evidenziare come nell’immaginario popolare si sedimentò la figura pubblica di un politico in grado di gestire momenti drammatici della vita del paese, con una facoltà decisionale indipendente’.
Ancora, ‘nelle democrazie sancite dalle costituzioni l’elettore cerca sempre la fiducia e la stabilità. In Italia Berlusconi possedeva questo pregio. E non si è trattato di astuzia come qualcuno ha pensato riferendosi al celebre contratto con gli italiani. Gli italiani lo votarono perché avevano piena fiducia in lui, immediata, una corrispondenza di amorosi sensi, dove per amorosi sensi intendiamo idee senza parole, essere in sintonia poiché si avverte istintivamente di possedere qualcosa in comune con lui. Abbiamo parlato di Bettino Craxi, di Silvio Berlusconi, e di molti altri leader potremmo parlare, di destra e di sinistra. Possiamo affermare che gli elettori della sinistra sono stati immuni da tali fascinazioni della personalità dei propri leader? Certamente no, essendo anch’essi italiani ne sono stati travolti’.
Giorgio Bocca ha scritto su Togliatti: ‘nel partito non ha rivali, le masse popolari lo venerano, la stessa borghesia lo considera come l’indiscusso capo dell’opposizione’. Nel 1953, per il sessantesimo compleanno, un compagno dice: ‘Mazzini, Cavour, Garibaldi, tutti li riassumi’. Passi per Cavour a cui Togliatti era simile per alcuni aspetti, magari Garibaldi e Mazzini? Palmiro Togliatti venne soprannominato il Migliore, dai suoi e dagli avversari, dava l’impressione di occuparsi di tutto e tutti, siamo al pre berlusconismo. Cosa sarà Enrico Berlinguer se non un nuovo Togliatti da venerare? Oppure Breznev, Nilde Iotti, persino Massimo D’Alema, aggiunge l’autore. Per il quale, ‘anche a sinistra si reclamava e si reclama tuttora una individualità moralmente indiscussa, solida, in grado di stabilire un contatto elettrico con le folle dei votanti, un primus inter pares, un presidente democratico, il presidente degli italiani’.
Destra e sinistra. ‘Oggi queste due parole sembrano assolutamente inutili, poiché la globalizzazione post ’89 ha reso i parlamenti omogenei tra loro e sono sfumate fino all’indifferenza le nette divisioni ideologiche seguite al secondo conflitto mondiale. Oggi i cittadini si lamentano di una democrazia che non risponde più alle sollecitazioni dal basso. Ma perché la reazione della maggioranza degli Italiani consiste unicamente nella rinuncia e nella sfiducia oppure non esiste affatto? Una delle risposte potrebbe essere che si sono sostituiti i fondamenti della democrazia con l’elargizione di una pletora di diritti in grado di mascherare il pericolo della negazione della democrazia stessa.Fu probabilmente Eduardo Galeano a coniare il neologismo ‘democratura’ (‘democradura’) che indicava una democrazia esibita, puramente formale quanto vacua, abile a nascondere un regime elitario o addirittura dittatoriale. Nella democratura il singolo cittadino partecipa formalmente alle elezioni; elegge indirettamente ‘qualcuno’ (il Presidente del Consiglio, i deputati nella lista bloccata); il suo compito democratico si esaurisce qui. Che tale qualcuno mantenga ciò che ha promesso è una speranza ridotta al lumicino già durante il periodo cosiddetto della ‘luna di miele’ (i primi cento giorni di governo dove l’elettore conserva gran parte della fiducia); oltre la luna di miele vi è, quasi sempre, la luna di fiele, cioè la sconfessione del nocciolo duro delle promesse. Oggi avvertiamo il paradosso per cui decisioni essenziali che riguardano la nostra esistenza (sanità, welfare, pensioni, lavoro, istruzione) sono prese in ambiti invisibili, spesso sovranazionali. L’Italiano avverte che il tifo fra destra e sinistra, involucri concettuali vuoti di significato, non lo appaga più. Cerca qualcos’altro, ma ancora non ne ha reale contezza. Spesso si invoca il populismo. Il populismo è l’ansia di bruciare le pastette e il politichese a favore di una diretta connessione con il governante. Utilizzare sprezzantemente i termini ‘populismo’ o addirittura bollare come ‘fascismo’ questa urgenza che sale dall’elettorato, non solo non aiuta la fredda analisi degli avvenimenti di oggi, ma la confonde ancora di più, esacerbando gli animi e predisponendo psicologicamente i cittadini a desiderare proprio ciò che si desidera contrastare ovvero l’uomo forte. Si tratterà, quindi, di considerare la voglia di partecipazione effettiva degli Italiani e di escogitare una nuova forma di governo che consenta di recepirla formalmente proprio nell’ambito democratico. Questa nuova forma dovrà contemplare l’aspirazione alla democrazia diretta e rimodulare i contrappesi costituzionali che la ancorino alla più schietta procedura democratica. Questa nuova forma potrebbe essere il premierato’, conclude Rodinò.