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Libano, il docente: “Se Israele responsabile, è terrorismo di Stato”

MondoLibano, il docente: “Se Israele responsabile, è terrorismo di Stato”

ROMA – “Se sarà confermata la responsabilità di Israele dietro all’ondata di esplosioni di ieri in Libano, ci troveremo in presenza di un atto di terrorismo di Stato, con gravissime implicazioni sul piano legale ed etico”. Questa l’analisi per l’agenzia Dire di Tamer Qarmout, professore associato in Politiche pubbliche al Doha Institute for Graduate Studies ed esperto di Medio oriente.
Il docente fa riferimento all’ondata di esplosioni che si sono registrate ieri in Libano, quando sono saltati in aria i cercapersone appartenenti a esponenti del partito libanese Hezbollah. Un’inchiesta del quotidiano New York Times punta il dito contro Israele, citando numerosi fonti degli Stati Uniti: tali fonti, rimaste anonime, hanno affermato che i servizi segreti di Tel Aviv sarebbero riusciti a intercettare gli apparecchi – fabbricati dalla Gold Apollo, azienda con sede a Taiwan – prima della loro consegna in Libano, nascondendo all’interno esplosivi da innescare a distanza. L’azienda chiamata in causa ha negato: “Non si tratta dei nostri prodotti” ha detto alla stampa internazionale. Intanto l’ultimo bilancio diffuso dalle autorità libanesi parla di nove morti e 2.800 feriti.

Se la ricostruzione del quotidiano di New York sarà confermata, continua Qarmout, “sarà possibile parlare di un atto di terrorismo perpetrato da uno Stato perché si registrano anche civili tra le vittime. I cercapersona, a seconda dei casi, sono esplosi nelle case, vicino ai bambini, o all’interno di negozi e mercati, coinvolgendo persone che erano lì accanto. Hezbollah inoltre, prima di essere un gruppo armato, è un partito politico con esponenti in parlamento e al governo, nonché sostenitori e simpatizzanti che lavorano nelle scuole, negli ospedali e così via. Non sono assolutamente tutti combattenti: molti di loro sono civili”.

Per il docente del Doha Institute for Graduate Studies pesa anche il fatto che “non sia possibile sapere dove sono tutti i cercapersone interessati e chi li stia usando, e quanti civili siano coinvolti”. “Una punizione collettiva“, dichiara Tamer Qarmout, “analoga a quanto Israele sta facendo a Gaza contro la popolazione palestinese, che mostra totale disprezzo per il diritto internazionale, che impone ai belligeranti di fare il possibile per evitare vittime civili nei conflitti. Ma in Libano gli ordigni sono stati attivati a prescindere da dove fossero. Se le indagini e la giustizia confermeranno il coinvolgimento di Tel Aviv- conclude- Israele va incontro a conseguenze legali ed etiche molto gravi”.
Il nodo, osserva l’analista, sarà adesso la reazione di Washington: “Gli Stati Uniti sono alleati di Israele e finora non hanno agito così come ci si sarebbe aspettato da una nazione così grande e potente. Se da un lato chiedono da sempre, in tutto il mondo, il rispetto del diritto internazionale, d’altro canto consentono a Israele di violarlo, a Gaza e non solo. Washington invece dovrebbe fare tutto il possibile- dice Qarmout- per porre fine al genocidio in corso da quasi un anno nella Striscia e alle violazioni nel resto dei Territori occupati, o per spingere Israele al rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite o alle recenti ordinanze della Corte di giustizia internazionale. Una debolezza che non permetterà mai una visione che porti a una soluzione politica e di pace”.

Israele è coinvolto in scambi di attacchi con l’ala militare di Hezbollah da quando, lo scorso 7 ottobre, ha subito un’aggressione da parte del gruppo armato Hamas che ha provocato 1.200 morti. Nelle crescenti tensioni con il Libano circa duecentomila cittadini israeliani e libanesi hanno dovuto lasciare le proprie case nelle regioni di frontiera, e si sono registrate vittime civili da ambo le parti.

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