ROMA – Il Centro palestinese per i diritti umani Al Mezan ha confermato che il dottor Hussam Abu Safiya, ex direttore dell’ospedale Kamal Adwan, si è visto estendere di altri si mesi la detenzione da parte del tribunale israeliano del distretto di conclude Be’er Sheva. Il medico è intervenuto in una udienza a porte chiuse in video collegamento dal carcere di Ofer, dove è detenuto ai sensi della legge sui combattenti illegali. Come riferisce ancora il centro Al Mezan, l’avvocato dell’ex direttore dell’ospedale Al-Adwan “ha partecipato di persona all’udienza e ha contestato la legittimità della sua detenzione, sottolineando l’assenza di prove incriminanti e la mancanza di accuse formali a suo carico”. Il Centro commenta: “Questa decisione elimina ogni messinscena: il dottor Abu Safiya è un ostaggio, una merce di scambio nelle trattative in corso” tra Israele e Hamas. La decisione di trattenerlo sarebbe inoltre “arbitraria e completamente infondata. Non è mai stato incriminato, gli è stato inizialmente negato l’accesso a un avvocato e ha subito trattamenti disumani sin dal suo rapimento, tra cui torture e privazioni, che hanno avuto un impatto grave sulla sua salute fisica”. Inoltre, citando ancora il resoconto dell’avvocato che segue il caso, “quando al dott. Abu Safiya è stata data la possibilità di parlare, ha ripetuto di non aver fatto nulla di male e ha chiesto al tribunale il motivo della sua detenzione”.
Il dottor Abu Safiya è stato arrestato il 27 dicembre 2024 dopo che i militari israeliani avevano fatto irruzione nell’ospedale Kamal Adwan, che in qui mesi era rimasta l’unica struttura disponibile per migliaia di persone nel nord della Striscia di Gaza. Uno tra i massimi esperti in pediatria e neonatologia della Striscia, Abu Safiya è stato arrestato con altri colleghi dopo che l’ospedale era stato posto nuovamente messa sotto assedio dalle forze armate di Tel Aviv. Dopo quell’operazione è stato chiuso.Motivando l’attacco con la presenza di presunte cellule di Hamas nella struttura, i militari israeliani hanno “bombardato, attaccato e fatto irruzione nel Kamal Adwan”, nonostante da mesi l’ospedale accogliesse sia i feriti che famiglie sfollate che avevano perso le proprie case, tra enormi difficoltà a causa dell’embargo imposto agli aiuti umanitari. Dopo l’arresto, Abu Safiya si è visto negare l’accesso a un avvocato per 47 giorni e per settimane la famiglia ha perso di lui ogni traccia. Dopo i fatti del 27 dicembre anche l’Organizzazione mondiale della Sanità ha espresso “grande preoccupazione” per i medici tratti in arresto con il direttore del Kamal Adwan e per l’ordine di evacuazione emesso per i pazienti ricoverati e gli sfollati che avevano trovato rifugio nella struttura”, stimati in oltre 2mila persone.
Per la liberazione di Abu Safiya, 52 anni, ad oggi si sono espresse organizzazioni per i diritti umani e associazioni di medici da tutto il mondo, evidenziando il fatto che il diritto internazionale vieta attacchi contro le infrastrutture civili e i civili stessi, compresi medici e operatori umanitari. Amnesty International ha lanciato una raccolta firme per chiedere il rilascio del dott. Abu Safiya, scrivendo in queste ore: “Migliaia di palestinesi languono nelle prigioni israeliane senza accusa né processo. Tra loro c’è anche il pediatra Hussam Abu Safiya”, il quale “è stato sottoposto a sparizione forzata, torture, privazione di cibo e di cure mediche”. L’organismo riferisce che “la Legge sui combattenti illegali – ai sensi della quale il pediatra è detenuto – conferisce all’esercito israeliano ampi poteri di arrestare chiunque, proveniente da Gaza, sia sospettato di essere coinvolto in attività ostili contro Israele o di porre una minaccia alla sicurezza dello stato, per periodi di tempo rinnovabili all’infinito senza l’obbligo di fornire prove o circostanziare le accuse”.
Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, sul punto afferma: “La nostra documentazione spiega come le autorità israeliane stiano usando la Legge sui combattenti illegali per rastrellare civili palestinesi di Gaza e gettarli in un virtuale buco nero per prolungati periodi di tempo, senza produrre alcuna prova che essi costituiscano una minaccia alla sicurezza e in assenza delle minime condizioni del giusto processo. Le autorità israeliane devono annullare immediatamente questa legge- esorta Callamard- e rimettere in libertà le persone detenute arbitrariamente in base a tale normativa”. Stando al Servizio israeliano delle prigioni, 1.402 cittadini palestinesi risultavano detenuti sotto questa legge al 1° luglio 2024.
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